Una Nenia Distorta

di Carmela Ricco



S'era alzato molto presto. Le sue gambe grassoccie tracciavano movimenti bruschi, spinte in avanti che s'arrestavano quasi subito; poi riprendeva lo spasmo: è la fuga da quelle mani scheletriche che scrostano l'eterno dubbio della sua "presenza" e affondano le loro stecche lamentose nel cervello, per continuare a assaporare il piacere di dare dolore e di trasmettervi l'angoscia che le nutre.
Quanto sono ridicole le sue gambe in quei movimenti che altro non abbozzano, che non desiderano che a metà perché forse hanno appena individuato quelle mani scheletriche. Non aveva ancora fatto colazione.
I vetri puliti della finestra filtravano il raggio solare che, sornione, flemmatico come il passo del gatto, s'era posato sul tavolo.
Martino lo guardava. Il tremore, quasi impercettibile ma vivo, Martino lo sentiva fin quasi sull'epidermide: vivo! vivo!
Non voleva poggiare sul tavolo il piattino e la tazza dorati, il barattolo dello zucchero e le fette di pane bianco. S'era seduto di fronte alla finestra e col mento incavato nelle mani fissava quel raggio. Aveva freddo.
"Non posso" - mormorava. La voce era dolce, appena udibile.
"Non posso infilarmi in quello stretto filare di aceri, nemmeno comprendo i tuoi occhi vitrei sull'acqua nera del lago; nera, nera...
...le loro fronde bagnate richiamerebbero quelle acque nere e l'umidità purtroppo dolce che sprofonda nei tuoi occhi...". Immobile luccicava quel raggio.
Martino sospirò debolmente. "Nere, troppo nere... Non posso... quell'iride diventa acqua, acqua del colore di questo vetro, ma tu lasci che il nero lo pentri e lì resti per sempre. No... no... i tuoi occhi neri, neri come un'infinita tavola che riflette e assorbe l'oscurità della notte; i tuoi occhi come vetro nero... cosa rifletterebbero? Pensaci un momento... cosa affonderebbero nei miei? No, non pensare alle acque del lago né alle fronde umide degli aceri: esse divorerebbero me e te, infastidite dalla nostra immobilità, soffocate dal contatto e dal peso dei nostri corpi..."
S'addormentò.
Lo stesso respiro aveva scandito le sue parole.
Adesso una nenia distorta nel silenzio.


Alto Tradimento #3
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